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Bagnoli

«Cos’è Bagnoli?», è da una tale domanda che bisogna partire quando parliamo di questo quartiere al nord dell’area metropolitana di Napoli, perché esso ha una storia del tutto particolare. A tale domanda si può rispondere affermando che Bagnoli è un “simbolo” che rimanda a cose molteplici e diverse.

Bagnoli significa prima di ogni altra cosa “terra di mezzo”, per destino, sin dai tempi antichi. Terra di miti – secondo i racconti omerici sull’isola di Nisida fece riparo Ulisse –  a metà strada tra Cuma, una delle più antiche polis della Magna Grecia e centro spirituale e religioso tra i più importanti dell’antichità con il suo oracolo della Sibilla, e Parthenope prima (fondata proprio dai Cumani) e Neapolis dopo; un lembo di terra dalla storia antichissima che si estende tra l’area flegrea, che ha inizio proprio da Bagnoli, e la città di Napoli. Essere bagnolese significa questo stato di mezzo geografico e culturale, a metà tra l’essere flegreo e l’essere napoletano.

Dopo i Greci, l’area di bagnoli fu amata dai Romani per le sue acque sulfuree, i quali prediligevano, di tutte le terre a disposizione nella vastità sconfinata del proprio impero, proprio l’area flegrea come luogo per il proprio “tempo libero” e ristoro, per via della bellezza e della generosità della sua natura. Il nome Bagnoli deriva probabilmente da “bagni”, cioè dai stabilimenti balneari e termali che sino al periodo pre-industriale facevano di Bagnoli una meta di vacanze e di relax.

Ma Bagnoli significa anche un antico paradiso terrestre distrutto dall’industrializzazione feroce e senza remore del ‘900, un luogo ameno che non potrà più esserci e di cui ormai né gli uomini né le cose hanno più memoria. Bagnoli è il simbolo di quella protervia della modernità che in nome di un progresso che prometteva un miglioramento delle sorti dell’umanità, ha distrutto la storia, le tradizioni e gli ecosistemi di molti luoghi del mondo, fino al punto da azzerare tutto, per poi dimostrarsi, proprio per questo suo lato diabolico, totalmente fallimentare. Bagnoli è l’innocenza spezzata di un bambino che nell’uscire dal mare notava i suoi piedini neri incrostati di catrame, lasciato nel mare dalle navi che attraccavano alle banchine dell’Italsider. Era in quel momento che quel bambino comprendeva che il mondo non era un posto perfetto e che gli veniva negata la spensieratezza e la gioia di vivere pienamente la natura. Quello stesso bambino capirà poi da grande che attentarono anche alla sua salute fisica. Perché Bagnoli è tutte le vittime di tumore per l’amianto e le emissioni dell’industria siderurgica; Bagnoli è i tanti balconi dei palazzi che un tempo venivano coperti come da una neve malefica, che si posava dopo essere lanciata in aria dai forni industriali.

Ma Bagnoli è anche le speranze di rinascita di una città e che possono essere esemplificate nelle corse per trovare il primo amico o conoscente che avesse a disposizione un terrazzo per giungere in tempo e godersi, nel giorno e nell’ora prestabilita, lo spettacolo dell’esplosione che buttava giù, come un castello di sabbia, una delle orrendi torri dell’ex Italsider. Ancora l’area dell’ex industria siderurgica non è stata dismessa e liberata, nonché restituita alla popolazione. Né è stata fatta una reale bonifica dell’area costiera per ripristinare l’ecosistema. Bagnoli è quindi anche simbolo di una terra e un quartiere sospesi nel vuoto ancora in attesa di un riscatto, dopo tutte le promesse e gli slogan gridati senza mai essere stati mantenuti. Bagnoli, per questo, è anche il simbolo dell’Italia e della sua corruzione, dei mali e delle ferite mai rimarginate del Sud. Bagnoli è il simbolo dell’ “occupazione” militare americana attraverso la Nato che, anche in questo caso, ha tolto alla cittadinanza il diritto di un’area senza essere stata ancora restituita pienamente, pur avendo le forze alleate abbandonato quel posto da tempo.  Bagnoli rappresenta tutti i sud del mondo, conquistati, depredati, sfruttati e poi, quando non servono più, abbandonati senza ricorrere ai ripari al dissesto effettuato. L’industrializzazione a Bagnoli, dopo aver disastrato l’area e trasformato la sua fisionomia, ha generato un lascito doloroso di disoccupazione che non ha trovato nuovi progetti per ridare occupazione.

Per tutti questi motivi, infine, Bagnoli è il perfetto simbolo dell’avvenire, di un futuro che, sempre più, da ogni parte della società, viene desiderato come “verde”, secondo la giustizia sociale ed ambientale – e le due cose, sperando che si sia capito una volta e per tutte, sono essenzialmente legate tra di loro e si richiamano vicendevolmente.


«Tutto scorre» (πάντα ῥεῖ) è la breve formula che viene solitamente legata al nome di Eraclito,  primo rappresentante autorevole della scuola filosofica del divenire come “principio primo” di ogni cosa. Anche se non presente nei frammenti pervenutici della sua opera fondamentale ma solo nelle fonti indirette e utilizzata per riassumere il suo orizzonte interpretativo dell’esistenza, tale frase viene ancora oggi riconosciuta al filosofo presocratico e usata per lo stesso scopo. Nella più comune e scolastica storia della filosofia, accanto all’utilizzo di tale formula, quando si parla di Eraclito, troviamo anche il solito parogone oppositivo con Parmenide. I due giganti del pensiero antico rappresentano rispettivamente il modo dinamico e il modo statico di interpretare l’essere completamente agli antipodi. Eppure le cose in profondità non stanno in questi termini ed Eraclito e Parmenide, come afferma una delle interpretazioni autorevoli del pensiero antico, quella heideggeriana, in fin dei conti parlano la stessa lingua. L’intento principale della filosofia è porre le domande fondamentali che riguardano l’orgine di “tutto ciò che è”; i due filosofi presocratici si pongono la stessa domanda e le loro diverse risposte e posizioni sono solo apparenti. Lo stesso Eraclito cercò di indentificare il principio primo seppur dinamico con un unico oggetto, che nei limiti dell’epoca fu riconosciuto dal filosofo nel fuoco, il quale rispecchiava sia la dinamicità sia l’eterna staticità dell’identità. Ed era ancora Eraclito ad affermare che che la realtà soggiace alla legge del “polemos” ed è caratterizzata dagli opposti ma, nello stesso tempo, quest’ultimi trapassano costantemente gli uni negli altri, come a dire che al fondo di tutto c’è un substrato eterno e comune che lega tutti gli enti e che permette questa costante metamorfosi da un opposto all’altro.

Se ai Greci è riconosciuta la paternità della civiltà occidentale, questo non è dato solo dall’aver scoperto la strada della filosofia e della scienza ma, prima ancora, nell’aver stabilito i problemi e i concetti fondamentali con cui noi approcciamo al mondo. I greci hanno definito il nostro orizzonte interpretativo del reale… nel bene e nel male. Noi siamo Greci – e forse lo saremo ancora per molto! Stabilire una opposizione tra filosofia e scienza è un errore. L’impostazione di fondo razionalistica della filosofia antica doveva inesorabilmente risolversi nel pensiero scientifico, in una sorta di continuità, e il pensiero scientifico oggi farsi filosofia o, almeno, divenire la base su cui poi filosofare sui grandi temi dell’esistenza. Sono proprio gli ultimi risultati sorprendenti della scienza del mondo subatomico, infatti, a riportarci ad Eraclito, dimostrandosi la vita nelle sue pieghe più profonde avere il carattere sia della staticità (materia) sia il carattere della dinamicità (energia), costringendo l’umano ad una incapacità di stabilire in maniera certa e definitiva se sia l’uno o l’altro aspetto l’essenza di ogni cosa. Il “problema” di Platone nel cercare di coinciliare in un’unica interpretazione filosofica del reale la posizione dinamica eraclitea della vita con quella statica parmenidea, dunque, resta ancora il nostro problema!

I greci e il loro pensiero ritornano nel nostro secolo come ritorna la mitologia greca, che aveva in sè i germi della filosofia, nell’opera artistica di Vittorio Valante realizzata nell’ex base NATO di Bagnoli, richiamando così proprio l’origine greca dell’area flegrea di Napoli. Teti, divinità marina e madre delle Nereidi – le quali a loro volta divinità dei fiumi – quindi propriamente legata all’elemento naturale dell’acqua, da cui si origina la vita, che più di tutti mostra il carattere perpetuamente cangiante e nello stesso tempo sempre uguale a se stesso nei suoi elementi primi; dotata del dono della metamorfosi, ella è la perfetta corrispondenza mitologica della visione eraclitea dell’esistenza.

A quel carattere duale fondamentale dell’esistenza, a quella ambiguità di fondo della vita tra dinamicità e staticità, l’arte, tra le diverse espressioni spirituali umane, risponde quasi con un potere alchemico capace di far trapassare le cose da uno stadio ad un altro. È l’arte in grado di trasfigurare la materia inerte (che sia legno, marmo o la tela sui cui si stendono i colori) verso i superiori valori immateriali dello spirito passando attraverso i cinque sensi. E questo perché prima di tutto è l’umano l’essere alchemico per eccellenza. Non forse il senso ultimo dell’esistenza umana l’essere il luogo dove spirito e vita si incontrano? Non è forse il compito umano consistente nella spiritualizzazione della materia? Molto spesso si dimentica che l’arte inizia già nel gesto stesso creativo, nell’azione realizzativa dell’opera. Nell’arte contemporanea quel potere alchemico si mostra chiaramente nei murales che permette addirittura alla creazione artistica di farsi “politica”. Attraverso quest’arte pubblica perché realizzata in luoghi pubblici si permette ad essi di avere nuova vita o di riaccendere la luce su di essi dopo un lungo periodo di abbandono o di dimenticanza. A questo precipuo potere alchemico dell’arte facciamo riferimento noi di Tramandars, utilizzandolo per il bene della collettività. È questo il senso del nostro progetto associativo.

Se a Bagnoli, dopo l’inquinamento ambientale dell’ex Italsider e l’occupazione militare da parte della NATO di una zona verde originariamente della popolazione, è stato violato quel luogo salubre e splendido riconosciuto da Greci e Romani, noi di Tramandars attraverso l’operazione “Acqua” vogliamo sia riaccendere un faro su questo quartiere dell’area metropolitana di Napoli e sia infondere una nuova fiducia alla cittadinanza affinché si riappropri dei propri spazi perduti, in direzione di un cambio di rotta futuro.

Davide Maranta, filosofo e bagnolese