In molti lo hanno paragonato a Michelangelo Buonarroti: come il genio toscano, anche Jacopo Cardillo, in arte Jago, ha una creatività fuori dal comune.
Classe 1987, l’artista ciociaro fa il suo esordio alla 54^ Biennale di Venezia all’età di 24 anni, dopo essere stato selezionato da qualcuno che di personalità se ne intende: Vittorio Sgarbi. A seguire, presenta Vanitas. Lotto, Caravaggio, Guercino nella Collezione Doria Pamphilj: cinque ritratti di marmo della famiglia.
Jago ha presentato mostre personali presso istituzioni quali Cripta della Basilica dei SS. XII Apostoli (Roma), Fondazione Umberto Mastroianni (Arpino), Palazzo Doria Pamphilj (Roma) e HighlineStages (New York).
Tra le opere più importanti si segnalano: Habemus Hominem, scultura di Papa Benedetto XVI a torso nudo, immagine del rappresentante di Dio tornato a essere uomo; Memorie; il Figlio Velato (ideato a New York) e il più recente Look-Down (“guarda in basso”), installato durante i complicati mesi primaverili di lockdown a causa del Covid-19, in Piazza del Plebiscito a Napoli.
Tramandars ha avuto l’opportunità di ospitare Jago a Somma Vesuviana nel 2017, accompagnandolo in un tour del centro storico e invitandolo a confrontarsi con il pubblico su arte e tradizione.
L’arte della libertà
In Italia spesso i veri talenti restano incompresi: Jago è stato infatti cacciato dall’Accademia di Frosinone per aver scelto di esporre, prematuramente, alla Biennale di Venezia.
Il Figlio Velato custodito a Napoli rappresenta una rivincita dopo le esperienze maturate a New York e in Grecia, che gli hanno permesso di fuggire dalle repressioni e dai pregiudizi, e di esprimersi con libertà. Ecco, essere liberi: lo stesso concetto che l’arte, con la sua espressione, può concedere all’uomo di scappare alle restrizioni.